orientarsi sul tema della Democrazia Diretta

Dario Rinco - La Sfida della Democrazia Diretta
Dario Rinco – La Sfida della Democrazia Diretta
del Comitato Più Democrazia a Sesto S. Giovanni

Cercheremo di offrire un lavoro che possa essere utile per orientarsi in un tema che pensiamo sia poco studiato e approfondito. Invece è, secondo noi, un tema che dovrebbe assumere una centralità nel dibattito pubblico in un momento in cui è sempre più evidente la crisi del sistema dei partiti e della democrazia rappresentativa. In cui è sempre più evidente il distacco del popolo sovrano verso le istituzioni pubbliche.

Secondo l’articolo 1 della Costituzione italiana la sovranità appartiene al popolo. C’è da chiedersi come possa esprimersi compiutamente questa sovranità quando i meccanismi della democrazia rappresentativa sono completamente bloccati da un sistema elettorale, prima il porcellum e adesso l’italicum, che consegna nelle mani dei segretari di partito la nomina dei nostri rappresentanti. C’è anche da chiedersi come la stessa sovranità possa pienamente esprimersi se il principale strumento di DD, il REF abrogativo, è ormai da un anni totalmente svuotato e vanificato dal mancato raggiungimento del quorum, a causa delle campagne verso l’astensione di chi è contrario al referendum, e dalla continua frode del risultato elettorale.

Scrive Thomas Benedikter: “L’immagine del cittadino non educato, disinteressato, disinformato e persino “gente politicamente immatura”, guidata dalle sue passioni e da interessi egoistici piuttosto che dalla ragione, ha accompagnato per secoli lo sviluppo della democrazia e ha continuamente ritardato la piena emancipazione dei diversi gruppi di cittadini all’interno della vita politica. L’immagine del cittadino medio politicamente non competente, è sempre stata strumentalizzata dai governanti: prima per non estendere il diritto di voto e poi per opporsi a richieste di maggior partecipazione da parte dei cittadini. Tuttora l’argomento dell’incompetenza spunta spesso quando si parla di ampliamento dei diritti referendari”. Ora mi domando: se il cittadino non è in grado di giudicare un quesito referendario, dopo essere stato ben informato dai relativi comitati delle ragioni del SI’ e del NO’, come può essere in grado di scegliere i propri rappresentanti sulla base di programmi elettorali spesso fumosi o complicati. Oppure quando deve votare un partito il cittadino è giudicato competente?

Allora comprendiamo bene se sempre più cittadini, che non si accontentano più di poter votare ogni cinque anni un partito politico, vogliono intervenire anche sull’agenda politica decidendo in prima persona su questioni ritenute importanti da decine o centinaia di migliaia di concittadini che firmano a tale scopo una richiesta di votazione referendaria. Il diritto alla partecipazione diretta fa parte del nucleo dei diritti fondamentali di molte costituzioni moderne. Per funzionare pienamente si ha la necessità non solo di buone regole degli strumenti referendari ma anche di un contesto sociale e istituzionale adeguato e coerente. Infatti non sono sufficienti delle buone regole se non ci sono le condizioni fondamentali per la democrazia. Lo stato di diritto, il rispetto dei diritti umani, la rinuncia alla violenza, una stampa democratica, la trasparenza dei processi decisionali, l’impegno di tutti di attenersi alle regole. Senza tutto ciò le procedure di DD non potranno funzionare bene.

La storia insegna che la democrazia, se vuole essere una democrazia veramente compiuta, deve spingersi oltre la sola elezione dei rappresentanti politici. Sempre di più in numerosi stati e regioni, non solo europei, i cittadini hanno a disposizione strumenti di partecipazione diretta alle decisioni politiche. Utilizzandoli hanno la possibilità di “farsi ascoltare”. Possono sviluppare nuove norme legislative, approvare bilanci preventivi, porre in vigore modifiche costituzionali, fermare grandi opere decise dall’alto. Contare di più in politica.

La DD, intesa come integrazione della DR, è tutt’altro che una vecchia idea coltivata da pensatori nostalgici o da gruppi marginali. Si tratta invece di un concetto moderno cresciuto in un secolo e mezzo di applicazione concreta in vari stati e continuamente in via di perfezionamento in realtà del mondo industrializzato così come in paesi in via di sviluppo.

Nel novembre 2012 negli Stati uniti insieme alle elezioni di midle term si sono svolti 178 referendum, in Baviera, dopo aver adottato nel 1995 un regolamento avanzato di DD, si sono svolti quasi 1.200 referendum comunali o regionali. In questi paesi non mancano né argomenti né cittadini politicamente impegnati e decisi a battersi per essi. Di tutte queste esperienze ha tratto beneficio anche la politica in termini di maggiore apertura e vivacità di rapporti fra rappresentanza politica ed elettorato che ha favorito la partecipazione civica.

Il desiderio di partecipazione dei cittadini alle scelte del proprio paese è causato da un diffuso malessere nei confronti di una classe politica e del sistema partitico sempre più autoreferenziali. In Italia si registra un palese scollamento tra governanti e governati che apre la strada a demagoghi e allontana i cittadini dalla politica e da ogni impegno per il bene comune. Sempre più cittadini sono delusi dalla mancata coerenza dei politici e dalla rissosità del sistema dei partiti in una democrazia sempre più spettacolarizzata dai media. Ne consegue un diffuso disagio e la tendenza a chiudersi nel privato.

Cosa fare allora? Una delle risposte potrebbe essere nel deciso rilancio della DD che non può e non deve sostituire la DR ma il suo complemento. La DD, diritti e strumenti referendari, non è altro che la seconda gamba di una democrazia compiuta con lo scopo di integrare i meccanismi di rappresentanza. Gli strumenti della DD consentono ai cittadini di decidere in prima persona ogni volta che essi lo ritengono urgente o necessario. Come diritto fondamentale le DD fa parte di diverse convenzioni internazionali e di tante costituzioni nazionali soprattutto in quelle più moderne. In Italia però questi diritti sono mal applicati o non applicati affatto. Alcuni strumenti sono previsti dalla nostra Costituzione ma sono solo una parte della gamma degli istituti referendari. Lo strumento principale in vigore è il REF abrogativo mentre il REF confermativo, che ha l’effetto di sospendere una legge appena approvata del Parlamento, esiste solo per le modifiche costituzionali e solo se non sono stati raggiunti i 2/3 dei voti dei rappresentanti eletti. Dunque in Italia la gamma degli strumenti referendari è tutt’altro che completa e le sue regole non sono soddisfacenti. Infatti è previsto un alto quorum di partecipazione che ha comportato un alto numero referendum invalidati per il mancato raggiungimento del quorum stesso. Ne consegue anche un inutile spreco di denaro. Il REF abrogativo non è privo di criticità e ha contribuito a dare un’immagine riduttiva della DD. Oggi servirebbero strumenti più robusti per rilanciare la partecipazione attiva dei cittadini. Per esempio il REF confermativo (fare riferimento alla legge sul divorzio, effetti del REF abrogativo rispetto al confermativo).

Per comprendere meglio come funziona un sistema di DD più completo, bisogna partire dalle ragioni di fondo di questi diritti che nel passato e nel presente hanno ispirato singoli e organizzazioni della società civile in Italia e in altri paesi. Come funzionano questi strumenti nella pratica e quali sono le regole principali che ne consentono un buon funzionamento garantendo la partecipazione dei cittadini? Quali sono infine gli effetti di una DD dopo decenni di applicazione?

Il dibattito sul REF abrogativo ha preso spunto da varie obiezioni, sul cui merito occorre riflettere, affrontando anche vecchi miti che continuano a rifiorire. C’è per esempio il mito del cittadino incompetente, secondo cui il cittadino comune non sarebbe in grado di valutare le problematiche complesse della politica. Di conseguenza si rafforza l’impressione che siano gli esperti a essere chiamati a risolvere tutto e che gran parte della politica sia inaccessibile alle mente del cittadino comune. In Svizzera, per esempio, la DD ha contribuito a smitizzare il ruolo degli esperti e dei politici e ha rinsaldare il senso di sovranità del cittadino.

Può la Svizzera rappresentare un riferimento per l’Italia? Esistono molte differenze storico-culturali fra i due Paesi tuttavia può essere utile farvi riferimento per capire bene il funzionamento della DD e gli effetti di una buona applicazione dei suoi principi di fondo. All’interno della Svizzera risulta particolarmente interessante l’esperienza del Canton Ticino. E’ pensabile un sistema analogo nelle regioni italiane? In base alle modifiche costituzionali del 2001 le tre regioni autonome del nord hanno già legiferato trovando soluzioni innovative e interessanti non solo per le Regioni a statuto ordinario ma anche per un’eventuale riforma degli istituti referendari a livello nazionale. Il tutto osteggiato dalla DR.

«Di fatto, per tutto il XIX secolo i teorici della democrazia consideravano perfettamente naturale chiedersi se un determinato paese fosse “pronto per la democrazia”. Questo atteggiamento è cambiato soltanto nel XX secolo, quando si è riconosciuto che la domanda stessa era sbagliata. Un paese non deve essere giudicato pronto per la democrazia, ma lo deve diventare mediante la democrazia». Amartya Sen – Nobel per l’economia 1998

Obiezioni

1) L’incompetenza del cittadino

In una società moderna i problemi sono troppo complessi per lasciare prendere decisioni ben ponderate all’uomo della strada.

Questo pensiero è il rifiuto della democrazia diretta in quanto gli elettori vengono considerati incompetenti per farsi un’idea ben ponderata dell’argomento da votare.

Tale obiezione ha dei precedenti pericolosi poichè venne sostenuta conto il suffragio universale,  contro il diritto di voto alle donne e contro il diritto di voto ai neri in Sudafrica in quanto si sosteneva la non sufficiente preparazione dei soggetti esclusi al voto. Nella realtà ogni volta che il gruppo in questione ottenne il diritto di voto l’argomentazione si rivelò completamente falsa.

L’obiezione non è contro la Democrazia Diretta è contro la Democrazia in sè stessa. Se il cittadino non è competente nel giudicare un tema specifico, non lo sarà neppure per eleggere persone basandosi sui relativi programmi elettorali. Non si capisce perchè il cittadino sia ritenuto capace di scegliere nelle elezioni partiti e uomini politici e non capace di scegliere tra quesiti referendari.

L’obiezione sottintende anche che i politici siamo realmente competenti e abbiano a cuore gli interessi della comunità.

2) La mancanza del senso di responsabilità

La gente non considera nient’altro che il proprio interesse. Ad esempio, si abolirebbero le tasse senza considerare le conseguenze di un tale provvedimento, oppure si chiederebbero più spese al governo che faranno deragliare il bilancio. Agli uomini politici si può sempre domandare il rendiconto delle loro decisioni, ma nessuno è responsabile della decisione referendaria.

Nella realtà, da un punto di vista finanziario, i cittadini sono più responsabili dei politici. I vasti debiti pubblici che esistono ora nella maggior parte dei paesi occidentali, ma anche in Giappone, sono stati accumulati senza la volontà popolare. Alcune ricerche hanno dimostrato che l’accumulo di deficit pubblico è strettamente connesso allo schieramento dei partiti politici. Tali ricerche dimostrano che il pensare a breve termine dell’elite politica gioca un ruolo centrale nell’accumulo del debito nazionale. Il debito viene accumulato, sì può dire, per comprare voti. Nessun politico ha mai risposto delle proprie inefficienze. I debiti statali creati dai politici ricadono sempre sui cittadini

3) I demagoghi populisti

Nella Democrazia Diretta, i demagoghi hanno la libertà di lanciare proposte rozzamente populiste.

In verità i demagoghi hanno oggi molte più occasioni nell’attuale sistema rappresentativo. Se una casta stabilisce un’agenda mettendo i cittadini costantemente in secondo piano ottiene il risultato del malcontento popolare. Detto malcontento sfocia poi nel votare il politico populista di turno che prometterà la risoluzione dei problemi. Finora abbiamo solo ottenuto di sostituire una casta con un’altra casta. In Democrazia Diretta i cittadini difficilmente hanno bisogno di un leader forte. Infatti i cittadini, se hanno la possibilità di dettare l’agenda politica, possono proporre soluzioni che verranno poi sottoposte con iniziative e referendum popolari a tutti gli altri cittadini. La Democrazia Diretta è più orientata ai “temi” mentre la democrazia rappresentativa è più orientata alle “persone”.

4) Minacce alle minoranze

La democrazia diretta potrebbe essere un mezzo per approvare decisioni che violino i diritti umani e le libertà fondamentali. In questo modo le minoranze sarebbero particolarmente minacciate.

Secondo questa tesi la Democrazia Diretta diventerebbe un’arma nelle mani della maggioranza per opprimere le minoranze e instaurare una dittatura. Questo è un esempio contro la Democrazia in sè, o meglio nei confronti di ogni sistema politico che consenta qualsiasi libertà di scelta, non contro la Democrazia Diretta. Un regime parlamentare può comunque mancare al suo dovere verso le minoranze o instaurare una dittatura (es. nazisti 1933, il parlamento non solo elesse Hitler ma gli conferì pieni poteri). Con la Democrazia Diretta invece si offre alle minoranze la possibilità di incidere o influenzare le  scelte della democrazia rappresentativa. I diritti umani e le libertà fondamentali sono garantiti dalla Costituzione e dalla dichiarazione universale dei diritti umani.

5) Conflitto con la democrazia rappresentativa

Il Parlamento viene screditato dai referendum e viene minato il primato della politica ‘ufficiale’.

Questa tesi è talvolta sostenuta da alcuni con l’argomentazione che l’autorità del Parlamento viene minata dai referendum e da altri che il primato della politica viene minacciato dai referendum.

Si noti l’inganno: la democrazia viene fatta coincidere con la democrazia rappresentativa come se la rappresentatività fosse l’essenza della democrazia. I referendum minaccerebbero perciò la democrazia. In realtà non è affatto la rappresentatività ad essere l’essenza della democrazia ma la sovranità popolare. Un sistema rappresentativo è una corretta interpretazione della democrazia soltanto in una specifica circostanza e cioè se i cittadini sono in accordo con esso. In altre parole, l’affermazione che l’autorità parlamentare venga minata dai referendum non è rilevante. Un Parlamento non è fine a se stesso. E’ lì per la democrazia non è la democrazia che è lì per il Parlamento. Pertanto non si può chiedere che la democrazia venga limitata dal rispetto per il Parlamento. Tuttavia se venisse introdotta la democrazia diretta verrebbe in realtà ripristinato il valore del Parlamento in quanto i cittadini sarebbero implicitamente invitati a dimostrare la loro fiducia ad ogni decisione parlamentare. (Se non lancio un referendum implicitamente approvo quella legge. I parlamentari starebbero all’erta costantemente). In un sistema puramente rappresentativo al massimo mi posso astenere dall’andare a votare.

Quanti affermano che i referendum nuocciono alla credibilità pubblica del Parlamento devono comprendere che già da tempo il popolo ha perso ogni fiducia nel Parlamento.

6) I referendum non sono necessari

I referendum non sono necessari in quanto ci sono modi migliori per permettere alla gente di discutere e dibattere su questioni politiche.

La prima risposta dei politici, quando si trovano davanti alla richiesta di Democrazia Diretta, è semplicemente di ignorarla. Tuttavia se il clamore continua a crescere, arriva il momento in cui non è più possibile ignorare. Allora i politici spesso propongono  misure alternative che, da un lato, intendono provare di non essere sordi alle richieste della gente per più democrazia, dall’altro però, non sono così minacciose per quelli al potere quanto sono i referendum e le iniziative popolari (propongono sondaggi di opinione).

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